Giosue' Miraglia

Quando pensiamo, ripensiamo e ripensiamo, siamo in balìa del cosiddetto “rimurginio”: un pensiero permanente che si forma nella nostra mente.
Questo pensare continuo porta dei danni fisici come il mal di testa, la tensione muscolare, l’insonnia e l’ansia stessa.
Quando arriva l’ansia sentiamo in noi un forte senso di inquietudine, di angoscia, di qualcosa di non risolto. Iniziamo a stare in allerta senza un motivo ben definito. Tendiamo ad ingigantire la situazione, a pensare al peggio, alla catastrofe che potrebbe accadere.
Purtroppo una forte ansia può portare a quelli che vengono chiamati “attacchi di panico”, che raggiungono il loro picco in pochi minuti.
I sintomi più comuni sono: palpitazioni, battito cardiaco accelerato, sudorazione, tremolio, sensazioni di mancanza di respiro o soffocamento, dolore al petto.
Gli attacchi di panico sono estremamente sgradevoli e possono essere molto spaventosi. Di conseguenza, le persone che hanno provato quella sensazione, si preoccupano spesso di doverla provare di nuovo. Infatti, un gran numero di persone evita, del tutto o in parte, i luoghi, le situazioni e i contesti in cui ha avuto un attacco di panico.
Così facendo però, riducono soltanto il loro spazio vitale e, al contrario, la loro paura continuerà ad aumentare. Bisogna rompere il rapporto tra attacco di panico e luoghi/situazioni/contesti temuti.
Una cosa da fare è cercare di creare una visione più realistica della situazione e di esporsi a quel determinato luogo o a quel contesto in maniera graduale.

Giosue' Miraglia
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